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116 | dopo l'assalto |
La folla dei soldati rimane immobile. Una quiete profonda, strana, triste, colma la valle.
Un nitrito di cavallo arriva dal fondo della gola, piena d’ombra, e nel silenzio umano esso passa chiaro e gaio come uno squillo di tromba. Sciami fitti di insetti minuscoli volano al sole turbinosi e vibranti.
Con voce ferma, il comandante del corpo d’armata legge ora alla truppa l’ordine del giorno di elogio alla brigata e la motivazione con la quale viene conferita la medaglia d’argento al valore al generale caduto. Poi egli toglie dall’astuccio di marocchino la medaglia scintillante, si volge, si china sulla bara e decora il morto.
Sul feretro, in mezzo al bianco della bandiera, spicca il distintivo degli eroi.
Allora avviene qualche cosa di straordinario, di grande. I soldati, rigidi nel saluto, piangono.
Dai loro occhi bagnati, delle lacrime, grosse lacrime amare e preziose da uomo, scendono sui volti fieri, scorrono lentamente lungo le gote bronzate dai venti, imperlano le barbe ispide e polverose. Delle spalle hanno un sussulto leggero di singhiozzi repressi. Lo sforzo per contenersi torce le bocche, aggrotta gli occhi e dà alle facce una espressione che pare quasi feroce.
Voltandosi, il comandante del corpo di armata vede questo maschio dolore che si repri-