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dopo l'assalto | 113 |
nate della preparazione, rioccupate le loro trincee,
hanno aperto il fuoco. I plotoni grigi salivano
sempre, urlando. Le mitragliatrici nemiche
martellanti aprivano sul pendio i loro ventagli
di morte. E i plotoni, benché diradati, salivano,
salivano, salivano. Sono arrivati a gettarsi sotto
ai reticolati, divelti qua e là dalle granate, e
si sono ammassati lì, dove un lieve salto del
terreno formava un angolo morto.
Ma nessuno poteva sollevare la testa. Il tiro delle mitragliatrici rasentava gli elmetti degli assalitori coricati. Come fare l’ultimo balzo? Come superare quei trenta passi sotto la falce dei colpi a bruciapelo? Un ordine era arrivato dal basso: Tenetevi fermi e pronti! — Ed erano pronti i nostri, tesi e aspettanti, col fucile stretto nel pugno. Gli austriaci dovevano veder fremere sull’erba le punte balenanti delle baionette.
Le ore passavano. Un’ora, due, tre.... Ad un tratto, delle detonazioni vicine hanno urlato nella boscaglia e un urlo lacerante di granate è passato sulle teste dei nostri. Dei pezzi da montagna erano stati portati su alla prima linea e battevano in pieno le trincee austriache.
I nostri non hanno indugiato. Dopo la prima salva sono scattati in piedi e si sono gettati nel fumo e nel polverone degli scoppi, urlando con frenesia. Cosa importava loro il ri-