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112 dopo l'assalto


Dopo avere incalzato il nemico da valle a valle, battendosi sempre, la brigata che ha perduto ieri il suo comandante, provata duramente ma incurante delle perdite, ha iniziato l’attacco dello Zebio. Essa saliva ed assaliva, entro la foresta, snidando il nemico da posizioni sempre dominanti, ricacciandolo in su da trincea a trincea, finché lo ha respinto fuori dalle ultime boscaglie, sul cucuzzolo erboso. Gli austriaci si sono rifugiati nell’ultimo trinceramento, il più forte, alla sommità del monte preparata a difesa, casamattata, cinta di reticolati profondi, munita di mitragliatrici.

L’assalto, tentato e ritentato, arrivava alle trincee ma non poteva aggrapparvisi. La cima prativa, liscia, era come uno spalto di fortezza, spazzato dal fuoco radente. Erano duecento metri di ripida salita che bisognava percorrere allo scoperto, senza un riparo, e l’attacco si sgranava e si sfiniva nel duro cammino battuto dalle raffiche di piombo. Ma i nostri si accanivano alla conquista, ostinati, indomiti. L’ultimo assalto è avvenuto l’altro ieri, durante la ripresa violenta dell’offensiva.

Gl’italiani erano trincerati fra gli ultimi e magri alberi della foresta. Alle sette del mattino sono balzati fuori ed hanno ricominciato l’ascesa. Il declivio era soleggiato. Essi salivano per plotoni affiancati. Gli austriaci che avevano indietreggiato nei rifugi sotto alle canno-