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108 dopo l'assalto


tellati, li ha riplasmati; pare che siano stati sempre dei combattenti; hanno una indicibile espressione guerriera, dura come una corazza. Qualche piccola fasciatura biancheggia nei ranghi; alcuni hanno le mani leggermente ferite: i reticolati austriaci non hanno lacerato soltanto delle uniformi. Avanti alla truppa sta un ufficiale magro, pensoso, dalla fisionomia tagliente e risoluta, che porta anche lui l’elmo da soldato: è un maggiore divenuto comandante della valorosa brigata sul campo, il successore temporaneo del morto.

Un camion viene su oscillando e rombando. È il carro funebre.

Si ferma; sei ufficiali ne tolgono il feretro, avvolto nel tricolore e coperto da una grande corona fatta dai soldati con fronde di pino strappate alla selva contesa. Lo depongono su delle pietre. Le bandiere dei reggimenti, tutte scolorate dalle piogge, si inchinano, ondeggiando alla brezza profumata di resina. La truppa presenta le armi.

Un grande silenzio.

Non si ode che il rimbombo delle cannonate, l’eco fragorosa e lunga delle esplosioni, e, di tanto in tanto, l’affannoso e inverosimile lamento dei grossi proiettili che passano nel ciclo sereno.

Tutto intorno precipitano le balze scoscese dei monti coperte di antichi boschi, attraverso