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90 il baluardo ripreso


spugliose, nelle quali il piede di un alpino sa trovar presa.

Non si sa come, gli alpini comparivano ad ogni momento più in su, passavano da una cornice all’altra. Sembravano dei grossi insetti sopra un sasso cinereo. Le scale erano servite a superare la prima balza perpendicolare. Da lì si inerpicavano per le sporgenze e nei crepacci. Nessuna voce. Salivano in profondo silenzio. Ma il nemico li ha sentiti, o li ha indovinati, e ha cominciato a gettar giù granate.

Un fumo nero, filaccioso che rimaneva per lungo tempo come abbarbicato alle rocce, si sprigionava dagli scoppi, e al suo dissiparsi riappariva il formicaio grigio degli assalitori impassibili che continuavano l’ascesa, così adagio che sembravano senza moto. Alle otto del mattino erano sotto la cresta. Nell’ombra diafana della montagna si scorgevano appena, ma sopra le loro teste oscillavano, simili a bandiere, delle macchie chiare, i segnali per l’artiglieria, alla quale indicavano il limite dell’avanzata. Poi, sopra una punta a destra si è profilato sul cielo un uomo in piedi, un ometto che pareva una statua minuscola sopra un immenso piedistallo. Egli ha fatto delle segnalazioni a qualche osservatorio, ed è scomparso.

E allora, dalle trincee silenziose del Caviojo che parevano deserte, dalla valle di Arsiero,