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parte seconda | 95 |
poi si veggono carichi più di frutti, che gli altri non hanno frondi. Eccovi un Baldo Giurista, che stette, per dir così, come le Palme, cento anni a metter frutto; onde nacque lo scherno, che, mentr’egli era scolare, avea da tanti, che gli dicevano: Doctor eris Balde, sed præterito sæculo.
Che si dirà di quelli, che per ogni professione di Lettere portano un’ingegno ugualmente perfetto; onde, come a tutti i colori la luce, così la lor mente ad ogni materia bassa o sublime, d’ampia o di profonda misura, si adatta? Pochi ve ne sono: pur ve ne sono; e loro dir si può, per un’intero panegirico, quella gran lode:
Sparguntur in omnes
In te mista fluunt; et quæ divisa beatos
Efficiunt, collecta tenes1.
Ingegni beati, in cui si vede ciò che Plinio vide in un’albero, che solo era un’orto intero; poichè avea innestate le frutte di tutti gli alberi: e quello che Ausonio ebbe in una statua di Bacco, che teneva un non so che di tutti i Dei; onde lo chiamò non un Dio solo, ma un Panteon. Ciò molto più felicemente, e in materia di maggiore ammirazione e invidia espresso si vede in questi ingegni. Sono soli; ma vaglion per molti eccellenti, e meritano, che di loro si dica, come del gran Colosso di Rodi: Majores sunt digiti ejus, quam pleræque statuæ2. Sono soli; ma si trasformano in tanti, quante professioni hanno le Lettere: nè sapete in qual di loro sieno più eccellenti; poichè in tutte sono pari a sè stessi, non son minori di verun’altro, e possono trovare più facilmente chi gl’invidii che chi gli uguagli. Finalmente di qualunque forma d’intendere li vogliate, potranno dire come appresso i Poeti Vertunno:
Opportuna mea est cunctis natura figuris;
In quamcumque. voles verte, Decorus ero3.
In tanto altri vi sono sì determinati ad una sola materia di studj, e ciò nọn per elezione di volontà ma per istinto di genio, che torli da essa è torre loro affatto l’ingegno.