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94 | dell’uomo di lettere |
pensieri di luce, a cui il partirsi, il correre, l’arrivare, tutto è in un momento. Aquile rapidissime, alle quali appena da’ Maestri si mostrà un segno, che lo trapassan col volo; onde, come del suo Aristotile diceva Platone, ha di mestieri spuntar loro l’ali,,acciochè vadano non per impeto ma per elezione.
Altri all’opposto, come Senocrate, Mercurio senz’ali al piè nè al capo, sono sì lenti e sì pigri, che vi bisognan gli sproni non perchè corrano ma perchè vadano. Sono stelle; ma di quelle dell’Orsa, alle quali la vicinanza del Polo fa lentissimo il giro, e, come se provassero i freddi del Settentrione, pigrissimo il moto.
Alcuni banno l’intendere com’è lo stampare nell’acqua: subito ricevono l’impronta, e subito ancora la perdono. Sì veloci al dimenticarsi, come lo furono all’imparare.’ Ingegni similissimi o alle Colombe, quarum omnis inclinatio in colores novos transit1, ma colori, di cui mentre l’uno si fa, l’altro si perde; o a gli specchi, ne’ quali æque cito omnis imago aboletur, ac componitur2.
Al contrario, in altri l’intendere è scolpire porfidi e macigni. Un’imagine non vi si forma, se non a forza di scarpelli e con lunga pazienza; ma durevole è sì, che cancellarla non vi può dimenticanza nè tempo. Uno di questi era Cleante, chiamato per burla l’Ercole delle Scuole, perchè a lui diventar Filosofo non costò minor fatica di mente, che all’altro di corpo il diventar Semideo. Oris angustissimi vas (così lo chiama Plutarco.) difficillime admittens, sed semper retinens quod admisit.
Ve ne ha di quegli, che fanciulli son tutto spirito, uomini tutto feccia. Ne’ primi anni, pare che in bocca loro, come, del bambino Stesicoro, cantino i Rosignuoli; fatti più grandi, mugghiano come Buoi. Simili a quell’antico Ermogene, che fu senex inter pueros, inter senes puer.
Ad altri per contrario l’ingegno matura lentamente con gli anni; onde quegli che prima parevano uno sterile tronco, rotta a poco a poco la buccia, cacciarono a grande stento un germoglio, e aprirono alcune foglie; e in fin