Pagina:Bartoli - Dell'uomo di lettere II.djvu/92

92 dell’uomo di lettere

Dalla pallidezza del volto argomentano altri, come dalle ceneri, fuoco di vivace ingegno; e appunto il Nazianzeno1 chiamò la pallidezza pulchrum sublimium virorum florem. E pare che la ragione lo persuada; conciosiecosachè il più bel fiore del sangue stillandosi nelle opere della mente, lasci esangue e smarrita la faccia. Che però la stella di Saturno, padre de’ profondi pensieri, porta in un lume semimorto, quasi macilento e pallido il volto.

Molti, da gli occhi brillanti il giorno e scintillanti la notte, dicono potersi conoscere quali sieno le vere Nottole di Pallade. Altri sono, a cui nel carattere imbrogliato par leggere la velocità degl’ingegni; i cui pensieri mentre la mano col volo della penna non può seguire, avviene che male scolpisca i caratteri, tronchi le parole, e confonda i sensi. Così le fiere più veloci stampano l’orme del piè più disformate; mentre all’incontro il pigrissimo Bue fa i solchi con pazienza, e forma ad una ad una le pedate con flemma.

Ma non ho io preso a riferire non che a ributtare tutti i segni, onde ingegno s’argomenta da questi sottilissimi indovini: gli omeri e’l collo asciutti e scarni; la tempra della carne morbidamente impastata; la fronte ampia; la pelle sottile e dilicata; la voce mezzana fra l’acuto e’l grave; i capelli nè troppo mollemente prostesi, nè, come aridi, inanellati e crespi; le mani magre; le gambe sottili; la corporatura mezzana; il colore amabile; e che so io?

Conghietture sono queste per lo più di due volti e prospettive fallaci. Anzi a contrarj non che differenti principj ugualmente s’acconciano. Almeno certo è, che, o s’attenda per istabilirli la sperienza coll’osservazione d’uomini ingegnosi, o la ragione tratta dalla tempera e disposizione degli organi che sono ad uso della facoltà imaginatrice e della mente, e la sperienza da chi ne fa osservazione si truova a ogni tre fallace in due, e la tempera degl’interni strumenti non ha tanta eonnessione con questi segni che di fuori compajono, che da essi se ne possa trarre ordinario non che infallibile argomento.

  1. Orat. 24