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nascoso, si produce. Sì come il Sole, se una nuvola lo ricuopre, per essa traluce co’ più sottili suoi raggi; e sì bella la rende, che non più vapore colto da terra, sordido e oscuro, ma oro infocato, e quasi un’ altro Sole rassembra. Non altrimenti un’ anima, che sia come un Sole di luce, dentro alla nuvola di questo corpo che la ricuopre e nasconde, traluce co’ raggi di sua bellezza, sì che bello ancor lui, oltre misura lo rende: e questa è quella, che Plotino chiamò Signoria, che la Forma ha sopra la Materia.

Che se poi si conceda, che senon in corpi a sé somiglianti, non vengano l’ anime, né si faccia nodo di sì stretta amistà, senon dov’ è somma similitudine; chi non vede non potersi unire anima bella a corpo deforme?

Né state loro a dire, Esopo, nato, se mai verun’ altro, con la Luna ne’ Nodi, essere stato un Tersite; Crate non un cittadino di Tebe, ma un mostro d’ Africa; Socrate sì mal fornito di bellezza, anzi di stampa sì grossa, che Sopiro Fisionomo lo diede per Idea d’ uno stupido e insensato: Alcibiade lo chiama un Sileno; così dichiarando di fuori mezzo fiera, ma dentro più che uomo: e Teodoro, descrivendo nel Tecteto un giovane di felicissimo ingegno, favellando col medesimo Socrate, potè dirgli: Non est pulcher: similis tui est: simo naso, et prominentibus oculis; quamvis minus ille quam tu in his modum excedat. Negano essere stata in essi cotal deforimtà intenzione, di Natura, ma disavventura di caso; non difetto di forma, ma peccato di disubbidiente materia.

Ma se ciò è, gran vantaggio ne hanno le donne, a cui la bellezza, fu data per dote; e si vede, che fatica continova della Natura è lavorare quella molle e morbida terra, sì che questo fiore vi metta più felicemente. E pure per la suggezione a cui furono condannate, portano sì poco senno in capo, come molta avvenenza mostrano in volto. Onde delle più d’ esse potrebbe dir la Volpe d’Esopo ciò che del capo di marmo d’ una statua di bellissimo volto: O bella testa! ma non v’ è