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parte seconda 61

innocente che bello, senza spine o ruvidezze che aspro e pungente lo rendano. Flos sublimis, disse Sant’Ambrogio1 di Cristo ritratto nel giglio, immaculatus, innoxius; in quo non spinarum offendat asperitas, sed gratia circumfusa clarescat.

Le stelle, mentre contra Sisara combatterono, non ruppero l’ordinanze, non usciron di posto, nè si scomposero in farlo: Manentes in ordine et cursu suo, adversus Sisaram pugnaverunt2. E tanto è di dovere che faccia chi si prende a scrivere contro altrui, che pur’è un combattere non senza vittoria, ancorchè senza sangue. Conviene avvertire, che in correr le lance delle sue ragioni non si perdan le staffe, e con questo il merito d’ingegnoso resti vinto dal difetto d’appassionato: che non si calchi il fasto di Diogene, rendendosi condannevole coll’atto medesimo di condannare.

Il convincere uno d’errore, è mettergli la mano nella piaga, e toccargliela fino al fondo; operazione da farsi con isquisita dilicatezza, perchè la cura non metta spasimo, dove la piaga faceva solo dolore. Ippocrate, discretissimo comanda3, che gli occhi degl’infermi, come parte troppo dilicata, s’asciughino con sottilissimi panni lini, e le ferite si nettino con morbidissime spugne, e l’un’e l’altro si faccia destrissimamente e con somma leggerezza di mano. E prima di lui il Protomedico San Raffaello ordinò al giovinetto Tobia, che nella cura degli occhi del cieco suo padre, prima d’applicarvi il fiele per medicina, gli desse un bacio per amore: Osculare eum; statimque lini super oculos ejus ex felle isto4. Uguale avvedimento ci vuole in chi pretende illuminare gli occhi dell’ingegno di chi erra; facendo, che il fiele del rimproverare altrui il suo errore (che, quando bene non fosse altro che publicarlo, pur³ è collirio di grande amarezza) non sia disunito dal bacio, nè il bacio disgiunto dall’amore.

Carneade Academico, volendo scrivere contra Zenone padre della rigida Setta degli Stoici, con una traboccante

  1. Lib. 7. in Lucam.
  2. Jud. c. 5.
  3. Libro de Medico.
  4. Tob. 11.