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parte seconda 43

Ma quando pur vi fosse toccata una Musa meretrice, con quello che voi chiamate genio o talento di poetar lascivo;io vi dirò, e con piùragione, quello che Lattanzio1 ebbe a dire di Leucippo Filosofante, primo inventore degli Atomi, e difensore del Caso: Quanto melius fueral tacere, quam in usus tam miserabiles, tam inanes, habere linguam! Non è egli meglio non avere vena di poesia, che avere una vena che butti tossico, e veleno? Un savissimo Imperadore2 mai non acconsentì che la moglie sua beesse vino, ancor che i Medici giurassero, altra medicina non esservi per fare ch’ella di sterile ch’era divenisse feconda. Stimo quel saggio Principe il rimedio peggior del male; e diceva: Malo uxorem sterilem, quam vinosam. O quanto meglio starebbe a voi in bocca quest’altro: Malo Musam sterilem, quam lascivam! S’io non so favellare altra lingua che d’animale; voglio essere anzi uomo mutolo, che bestia parlante.

E qual pro vostro, che struttovi l’ingegno, e consumata l’età e la vita, publichiate al mondo un’opera, quando pur ciò sia, immortale, se per essa sarete lodati in terra, e tormentati sotterra; lodati dove non siete, e tormentati dove in eterno sarete? Gli Orazj, i Catulli, gli Ovidj, i Galli, i Marziali (per non dire de’ nostri di Religione più santa, ma di poesia piu profana), che giova loro, che stiano ora alla luce della publica fama, se intanto stanno a nelle tenebre dell’inferno sepolti; e per ogni apice di quell’impuro che scrissero, sono tormentati colà, mentre qui, senza saperlo, sono per quello stesso inutilmente lodati?

Benchè, quando pur dopo lo studio di molti anni v’uscisse della penna un’opera di merito immortale (nel che però pauci, quos æquus amavit Juppiter); di quella gloria, ch’è il legittimo premio delle fatiche de’ grandi ingegni, altra parte non vi promette che la men degna, quella dico del volgo o de’ viziosi: poichè uomini assennati e savj, a’ cui orecchi solecismus magnus et vitium est, turpe quid narrare3, anzi v’abbomineran come peste della vita civile

  1. De ira Dei, c. 10.
  2. Federic. apud. Eneam de Sylv. de reb. Alph.
  3. S. Hier.