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parte seconda 41

ne beono il fiato e’l veleno. Corrono al canto, è restan nel vischio. Sitibondi di certi spiriti che sveglino loro la mente, tanto ne prendono, ch’escon di senno.

Chi camina per polvere o per fango, come che leggermente sel faccia, sempre ne resta con qualche sordidezza al piede: e infin le stelle, disse colui, che pur sono stelle cioè la più pura materia del cielo impastata di luce, perchè si nutriscono d’umore terreno, sordido alimento che succiano di qua giù, restano macchiate e deformi. Così credette, ancorchè fuor di ragione, il buon Plinio1: Maculas enim non esse aliud, quam terræ raptas cum humore sordes. Questo sì è vero, che anime quantunque di professione celesti, e pare di vita, se pascono la mente di sordidi umori benti da Petronio, da Apulejo, da Ovidio, e, oltre molti altri, da alcuni Poeti e Novellatori della nostra favella peggiori di tutti gli altri, ne trarranno sordidezze al cuore; con pericolo di concepire desideri simili a gli oggetti che mirano: come le Pecorelle di Giacobbe, alla vista de’ legni di più colori, gli Agnelletti, di cui erano gravide, con la stessa divisa di più colori macchiavano.

Mancano i libri, e niente meno gustosi a chi ha sano il palato, e molto utili? A che sonare i flauti, disse Aloibiade, vedendosi in sonarli con la bocca torta e le guancie gonfie sconciamente deforme, a che sonare i flauti, se vi sono le lire e le cetere, che più vi dilettano e niente vi sformano? E con ciò li gittò; nè vi fu in Atene chi dipoi volesse usarli. Libri, che vi fanno divenir mostruosi, e il bel volto di Dio, di cui avete un’impronta nell’anima, vi trasformano in sembianti animaleschi e brutali, a che leggerli, se tanti altri ve ne sono d’ugual piacere e di più giovamento? Perchè bere le sordidezze d’impurissimi autori, nel modo che Galatone2 con acconcio ritrovamento dipinse molti Poeti imitatori o ladri d’Omero, che con le bocche aperte riceveano ciò ch’egli vomitava, se v’è altrove nettare senza feccia, e di sapor tanto più dolce quanto delle sordidezze del senso sono più gustosi i puri pascoli della mente? alla cui mensa, molto più

  1. Lib. 2. c. 9.
  2. Elian. lib. 13. c. 22. var. Hist.