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capi dove hanno peggior’uso le Lettere non solo per danno altrui ma ancora per inganno di chi non sa usarlo (ché da queste due origini io gli ho presi) mettere in cuore a cui ne fa bisogno, col conoscimento degli errori, qualche stimolo all’ammenda.


Ladri, che in più maniere s’appropriano le fatiche degli studj altrui.


L’antichissima Arte del rubare, Figliuola naturale della Necessità, benché dipoi adottiva del Commodo, s’esercita nelle Lettere così bene come ne’ danari. Clemente Alessandrino ne rapporta a sì antichi tempi l’origine, che, si può dire, che le ricchezze degl’Ingegni non prima cominciarono a comparire che ad esser rubate e l’Elene delle più belle composizioni, tosto che si lasciaron vedere, trovarono cento Menelai, cento Paridi, che le rapirono.

Né vi sia chi pensi (torcerò per ischerzo a mio proposito il senso di quell’antico detto del Comico), che solamente Homo trium litterarum sia il medesimo che Fur; cioè, che vizio solo d’uomini di poche Lettere sia il rubare le altrui fatiche, e con esse comparir belli e farsi ricchi. Anche i più nobili ingegni e le più dotte penne hanno onorata quest’arte, ajutandosi con l’altrui; onde non meno de’ grandi Leoni che delle piccole Formiche s’avvera, che

Convectare juvat prædas, et vivere rapto.

Gli scritti del grande Aristotele, è fama che sieno un bel lavorio a musaico, fatto di proprio disegno, ma di materia la maggior parte altrui. E se Speusippo, nella compera de’ cui libri egli spese tre talenti, se Democrito, se altri tali le fatiche de’ cui ingegni Alessandro gli raccoglieva, ripigliassero ognuno d’essi il loro, chi pareva una Fenice coll’altrui, comparirebbe col suo una Cornacchia.