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sotto le gemme; né sono perciò, meno mortali, per essere più preziosi. Quegl’ Ingegni sublimi a pari del cielo, ricchi di tante stelle quanti sono i belli e gli alti pensieri che nelle loro carte risplendono, non ci deono assicurar mai tanto, che non si vada nella loro lezione sospeso e guardingo, già che avviene spesso ne’ libri, come nel cielo, che bellissime stelle bruttissime figure conpongano. Onde nello studio loro è necessario l’ avviso che il Sole diede a Fetonte, di tenere sempre l’ occhio al camino, e la mano forte alla briglia; poiché, anche in andar fra le stelle per insidias iter est, formasque ferarum.

Qui va l’industria de’ Cani d’ Egitto, che beono all’acque del Nilo fuggendo; né tanto sono avidi di spegnere a lor bell’agio la propria sete, che più non temano di saziare la fame de’ Coccodrilli. Qui l’avvedimento dell’Aquila, che, quando fa caccia d’ un velenoso dragone,

Occupat adversum, ne saeva retorqueat ora.

Tutto questo è quando i libri sieno tali, che da chi li legge possa trarsene utile, e da chi cautamente li legge utile senza danno. Altrimenti, se sieno o di quelli, di cui possa dirsi ciò che Tertulliano de gli antichi spettacoli i quorum summa gratia de spurrcitia plurimum concinnata est, o pieni di velenosa dottrina e di pestiferi insegnamenti non si dee volere (che che ne dica il Comico) ex arbore pulchra strangulari. Se questo e quell’ altro Poeta lascivo non avesse composte e publicate le sue poesie, io senza esse non potrei, non saprei esser Poeta? E non ho

o dire come Pompeo infermo? quando il Medico gli prescrisse per cena di qualche ristoro un Tordo, aggiugnendo (poiché era fuor di stagione), che ne l’avrebbe potuto servire Lucullo, che ne mantenea d’ogni tempo, Quid? (disse Pompeo con sembiante sdegnoso) nisi Lucullus luxuriaret, non viveret Pompejus? Di cotai libri onde spremere non si può altro che peste e veleno, far si dee quelle stesso, che Crate Tobano