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parte seconda 29

per pena, ora si danno le corone per mercede. S’inalzano fino al cielo, e fra le stelle s’adorano quelle Lire de’ moderni Orfei, che hanno aperto l’inferno, non per trarne un’Euridice condannata, ma per condurvi un mondo d’innocenti. Ne vanno per tutta terra i libri, sparsi per ogni clima, fatti cittadini d’ogni paese, e a gran cura tradotti, perchè parlino, in tutte le lingue; come se, per timore che il Mondo vergine non finisca, s’avessero spargere per tutto il mondo stimoli di lascivia.

Portano in fronte titoli di Grandi al cui nome da gli Autori furono consagrati; e con ciò vanno tanto più liberi, quanto più difesi. Così divengono molte volte Protettori d’impurità quegli che ne dovrebbero esser Giudici, concedendo l’autorità e ‘l nome loro ad usi indegni; come i barbari della Scizia, che mentre stanno ne’ loro carri lascivamente occupati, suspendunt do jugo pharetras indices, ne quis intercedat: ita nec armis erubescunt1.

Or vada Ippocrate2 a lamentarsi delle publiche leggi, che, non determinando pena a’ Medici ignoranti, hanno lor data licenza d’essere omicidi. Discunt enim (disse quell’altro3) periculis nostris, et experimenta per mortes agunt. Medicoque tantum hominem occidisse impunitas summa est. Che dee dirsi, dove l’essere publico artefice di veleni, tanto peggiori quanto più soavi, non fa reo della testa, ma meritevole della corona?

Che se nella guisa che Luciano fece sentire l’infame lingua del Pseudologista raccontare con isdegno e dolore gli scelerati ufficj in che colui sì indegnamente l’usava, udir si potessero le penne omicide di tanti lascivi Scrittori raccontare ad una ad una le sceleraggini, per cui commettere esse furono stimoli al cuore di chi i loro velenosi scritti troppo avidamente leggeva; vi sarebbe egli chi le indorasse con lodi pari solo al merito di sovrumana eccellenza?

Meno colpevole era quell’impurissimo Ostio, che adoperando in uso d’abbominevol veduta gli specchi, ea sibi

  1. Tertull. contra Marc. lib. 1 c. 2.
  2. In lege.
  3. Plin. lib. 19. c. 2.