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26 | dell’uomo di lettere |
tal volta solo incidentemente, e quasi accennate col dito, che, a chi non ha occhio ben’avveduto, di leggieri trascorrono: e pur sono cifre gravide or d’alti or d’ampj pensieri; e chi sa disinvolgere quello che in esse s’aggroppa, di nulla fa molto, e tutto per sè, tutto suo.
Il Cielo, di tante stelle che ha, a non più che sette ha date proprie sfere, e licenza e campo da correre vagabonde per quell’aria liquida e sottile, che di qua giù sino al firmamento si diffonde. Che se a tutte avesse voluto assegnare giri e periodi propri; dove ora il mondo per dar luogo a sette sole è si vasto, che sarebbe egli, se a tante migliaja di stelle avesse ripartiti circoli proprį ė sfere proporzionate? La stesso fanno nel comporre de’ loro libri valenti Scrittori. Determinata materia è quella, a cui danno luogo e quasi sfera e giro, trattandola, sì come pretendono, ampiamente. Ma intanto, non lasciano di spargere qua e là, dirolle così, stelle: fisse d’alti pensieri e pellegrine cognizioni, abili a riempir, quasi un gran Cielo, un gran volume, quando truovino Mente e Intelligenza, che sappia raggirarle come richieggono. Chi di questa maniera ruba ad altrui, felicemente ladro, poco toglie, molto aggiunge, tutto fa sua. Senza danno dello Scrittore, a cui tolse una scintilla per farne un Sole. Con utile di quello stesso che prese, che d’un piccol seme negletto ne forma una gran pianta. E con grande onor suo; già che opera di grande ingegno è, su poche note d’alcune nude parole lavorare contrapunti doppj di pellegrini discorsi. Su la semplice orma d’un piè d’Ercole formare, come Pitagora fece, tutta l’intera mole d’un corpo a giusta proporzione d’ogni sua parte composto.