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24 | dell’uomo di lettere |
Avvivare col moto statue morte, e variamente atteggiarle. Spicciar furtivamente di sotterra, e lanciarsi, e sospendersi în aria con altissimi pispini. Gemer come dogliose, mugghiar come infuriate, cantar come allegre: nè solo rinnovare al mondo quella, che Tertulliano chiamò portentosissimam Archimedis munificentiam1, gli Organi idraulici; ma nelle gorghe, ne’ trilli, ne’ spessi e artificiosi passaggi, ne’ ripartimenti e nelle mutauze di soavissime voci imitare al vivo i Rosignuoli, come se per bocca loro cantasse non spiritus qui illic de tormento aquie anhelat2, ma le Sirene stesse abitatrici dell’acque. Per opere di così ingegnoso e ammirabile lavorio si prendono l’acque da una fonte ordinaria; che se l’arte con più nobile uso non le sollevasse dalla natia loro bassezza trasfondendo in esse quasi mente e ingegno, andrebbono strisciandosi vilmente su la terra fra rive fangose, degnate appena da gli auimali per bere, dove ora sono le delicie de’ Principi e la gloria de’ giardini. Questo non è superar la materia col lavoro? obligarsela, e farsela sua? Altrettanto faccia chi ruba. Sepellisca il furto della materia nel magistero dell’arte; si che, nell’aggiunta che vi fa del suo, affatto si perda quello ch’era d’altrui.
Ma questa maniera di migliorar le cose tanto, che non sieno ormai più quelle che prima erano, e per ciò divengano nostre, bene intesa e mal praticata da gente abile si a mutare ma non a migliorare, tanto più condannevoli gli ha renduti, quanto è maggior colpa sformare il bello e storpiare il concio d’un’aggiustato componimento, che non semplicemente rubarlo. Per fuggire l’infamia di ladri, diventano micidiali, togliendo l’anima di tutto il bello alle cose che pigliano; mentre smembrano loro l’intero, e disordinan’il ripartito, con una sì infelice felicità nel farlo, che in pochi tratti di penna trasformano l’Elene in Ecube, e gli Achilli in Tersiti. Fanno delle bell’opere altrui, senza volerla, eiò che per isdegno fecero gli Ateniesi delle trecento statue di bronzo del famoso Demetrio. Per onta e infamia del nome, le strussero,