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Nè perchè eccellenti sieno gli Autori, e noi bassi d’ingegno, perciò è senza giovamento il mirarli, per farsi loro coll’imitazione somiglianti. Le Aquile, prima che cavino i piccoli pulciui dal nido, con grandi cerchj e raggiri si ruotano loro e sopra e d’intorno, sferzandok tal volta coll’ali, e provocandoli al volo: con che gli Aquilotti, se non dà loro il cuore di seguitar le madri fin sopra le nuvole dove a una battuta d’ala si portano, almeno s’invogliano d’abbandonare il nido, arrischiarsi al volo, provarsi ancor’essi su l’ala. Perciochè naturalmente fesce seguitar ciò che piace; massimamente se il genio della natura s’accordi coll’elezione della volontà: e gli sforzi che in ciò si fanno, o non sono di fatica, o, perdendosi l’amaro della fatica nel dolce dell’operazione, non si scutono faticosi.

Vedersi dunque avanti gli altissimi volt d’un felice Ingegno, non solo risveglia e provoca i desideri per imitarli, ma aggiugne lena a’ pensieri e forza alla mente; si che ella pruova di poter più di quello, che senza cotał vista potrebbe. Con che se non si giugne a toccare il cielo e volar sopra le stelle, almeno si sollieva da terra e s’abbandona il nido. Se non riesce d’esprimere con adeguati periodi gli altissimi giri dell’esemplare che si prese ac imitare, si fa almeno come i Girasoli, che fissi con la radice e mobili col fiore, dal mirare continuamente il Sole, imparano a disegnare in un piccol giro quell’amplissimo cerchio, ch’egli dall’uno all’altro Orizzonte descrive.

Ma degli scritti altrui approfittarsi con sola l’imitazione, a giudicio di Quintiliano1 che lungamente me parla, è troppo poco guadagno. Sia dunque la seconda maniera di furto, non che lecito ma lodevolissimo, torre da altrui ciò che si vuole, ma del suo migliorarlo si, che non sia più desso. Nella maniera che i diamanti, ricevendo un semplice raggio di luce che foro penetra al fondo, sì l’abbelliscono, e la dipingono di tanti e così be’ colori, che il Sole non è sì bello e le stelle ire perdono. Non è rubare, sapere, quasi con un po’ di leggiere

  1. Lib. 10. c. 3.