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cime d’una gran torre, e di colà, impari le diritte vie e ‘l camin più sicuro. Chi non ha in capo un teatro di proprie idee, e idee di buon disegno, prenda, conforme all’antico costume della prima e rozza pittura i contorni dall’ombre di figure perfette, e compisca su que modelli il suo lavorio.

Frine mentre vivea (Frine Venere Ateniese, già che era non meno impudica che bella) era l’esemplare de’ Pittori, da cui prendevano il disegno e le fattezze del volto, per ritrarre quanto potean più belle, e con ciò più divine, le Veneri che dipingevano. Il solo vederla era imparare, servendo non tanto per esemplare alle Copie che ne facevano, quanto per forma di perfezione all’idea che avevano in mente, d’un’ aggiustatissima proporzione parti, tempera di colori, e atteggiamenti di vita. Tali all’ ingegno sono i componimenti de’ bravi maestri di Lettere, che, mirati, con applicazione, improntano nella mente a poco a poco una nobile idea d’un simil dire; e si ha per isperienza, che chi s’avvezza a leggere con attenzione componimenti di nobili sensi e d’alte maniere, quasi ubbriaco de’ medesimi spiriti, pare che non sappia più dire in altra maniera che nobilmente. Così avveniva a’ Rosignuoli, che facevano i loro nidi nel sepolcro d’Orfeo, che, come se dalle ceneri di quel gran Musico e Poeta avessero preso anche il suo spirito, erano a gran vantaggio più ingegnosi e più dotti cantori degli altri: sì che gli altri, musici boscherecci; essi, Sirene celesti parevano.

E in questo del leggere attentamente le altrui dotte fatiche per istamparsene in mente una soffiigliante imagine, pare che avvengano quegli occulti miracoli dell’imaginatrice potenza, che ha fatto tal volta vedere, madri rustiche di volti sformati e di membra contadinesche partorire figliuoli di sembianze e di fattezze angeliche (quasi bellissimi Narcisi, nati da una brutta e vile cipolla); mercè della forma, che diede a’ teneri barmbini prima che fossero partoriti il mirare le lor madri sovente pitture di bellissimi volti e isquisitamente ritratti.