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di tutti che di tutti io non potea favellare. Solo a noi, che veniamo dietro a questi, debbo ricordare con Seneca, che agamus bonum patrem familiæ: faciamus ampliora quæ accepimus. Major ista hæreditas a me ad posteros transeat. Multum, adhuc restat operis, multumque restabit; nec ulli nato post mille secula præcludetur occasio aliquid adhuc adjiciendi.

Con questo io non vo’ dire, che, per farei inventori di cose nuove, ci facciamo Maestri di Novità, traviando senza ragione (massimamente nelle cose ch’escono dal puro naturale) da quelle vie, che, calcate già tanti secoli sono da’ primi Ingegni, del mondo, hanno, per chi le trascorre, su le confini la Temerità o l’Errore. Far del, Diogelie, andando contra la corrente dì’tutti gli uomini, come se noi soli fossimo i Savj, noi soli pescassimo al fondo del pozzo d’Eraclito, per trarne la Verità. Stimarci il Sole degl’Ingegni del mondo, non dalla luce di maggior conoscimento del vero, ma dal contraporci al corso di tutto il mondo, e poter dire per vanto ciò che per ammaestramento disse il Sole a Fetonte e,

Nitor in adversum; neque me, qui cætera, vincit

Impetus; et rapido contrarius evehor orbi;

dovendosi anzi da lui medesimo udire, che senza pericolo di caduta uscir non si può da quelle diritte vie, che corse dal carro della luce sono fatte non meno segnalate che chiare:

Hac fit iter: manifesta, rotæ vestigia cernes.

Girarsi la Terra con periodo annovale sotto l’Eclittica, e con movimento d’ogni giorno rivolgersi da Oriente in Occidente: la Luna, anzi tutti i Pianeti, non altrimenti che terre volubili, avere abitatori popoli di differenti nature il Mondo essere di mole infinito, e negl’immensi suoi spazi innumerabili Mondi comprendere, ecc. opinioni sono coteste, che alcuni moderni hanno scioccamente risuscitate, richiamandole dalle tombe, i primi di Cleante e di Filolao, i secondi di Pitagora e d’Eraclito, i terzi di Democrito e di Metrodoro; co’ quali morte, erano state