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154 | dell’uomo di lettere |
non sono di bellezza tutto ciò ch’esser potrebbero. Mirinsi i libri che hanno pregio di grand’arte e fama di gran sapere; saranno bellissimi volti, ma non senza qualche macchia o difetto: chè non solo il buon’Omero quandoque dormitat; ma per fin gli Arghi, ancorchè abbian cent’occhi. Che se avesser voluto a pieno sodisfarsi, e non publicare al mondo le loro fatiche, finchè non fossero state di tutta perfezione; addio libri: il mondo non ne avrebbe un buono. Che se i loro difetti, contrapesati da tant’altro bene, con pazienza si soffrono; non abbiamo a disperare, che il bello che sarà ne’nostri scritti non sia per trovar più lace, che il condannevole biasimo.
Prendiamo per noi il consiglio, che quell’Astrologo diede a gli storpj, per consolarli delle lor membra tronche, rattratte, e stravolte. Mirate, diss’egli, il cielo, e in esso ad una ad una le costellazioni: non sono tutte sì belle, che non ve n’abbia delle deformi, storpie, e dimezzate. Lo Scarpione è senza branche. Il Pegaso e’l Toro non vi son più che la metà.
Quod si sollerti circumspicis omnia cura,
Fraudata invenies amissis sidera membris:
Scorpius in Libra consumit brachia; Taurus
Succidit incurvo claudus pede; lumina Cancro
Desunt; Centauro superest et quæritur unum.
Sic nostros casus solatur Mundus in astris,
Omnis cum coelo fortunæ pendeat ordo,
Ipsaque debilibus formentur sidera membris1.
Quello finalmente, che suggella ogni diligenza, che intorno a’ componimenti s’adopera, è suggettarli al giudicio, alla censura, alla correzione d’un fedele e intendente amico. Più vede un’occhio forestiere nelle cose altrui, che non due nelle proprie: perchè l’amore de’ suoi parti è una certa necessaria cecità, che tanto più inganna, quanto meno è creduta. Gli occhi degli altri veggono le cose altrui quali sono in loro stesse; i nostri danno il giudicio secondo la disposizione della potenza, non secondo l’essere dell’objetto. Familiariter domestica aspicimus, disse
- ↑ Manil. l. 2. Astron.