Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
136 | dell’uomo di lettere |
Da questo seme negletto nacque quella gran pianta di tante palme, quanti trionfi vide il Campidoglio; con la legge commune a tutte le cose: che prima sieno fonti di povera origine e di bassi principj, indi ruscelli, poi fiumi, è all’ultimo mare.
Che se ben’è vero, che talvolta, giusta l’antico proverbio, i fiumi reali hanno navigabili anche le fonti; e chi è per riuscire in qualche professione di Lettere oltre a’ termini dell’ordinario eccellente, straordinarj segni ne dà fin da principio, come Ercole Monstra superavit prius quam nosse posset, strozzando bambino nella culla i dragoni, e con ciò preludendo all’Idra, e dando il primo saggio delle sue forze; questo però, come cosa di pochi, non fa legge per tutti, nè tanto pruova la facilità quanto la felicità delle prime operazioni, e anzi l’abilità dell’ingegno che l’uso dell’arte.
Non si lasci dunque l’impresa, per malagevoli che riescano i principj; nè s’abbandoni Proteo, se avvien ch’egli fugga da’ primi nodi che gli si mettono. Non vogliamo farla da maestri prima d’essere scolari: e ricordianci, che i Principianti fanno assai, se cominciano.
Eccovi per consolazione alcuni versi del Re de’ Poeti, coll’applicazione a vostro proposito1:
Qualis spelunca subito commota Columba,
Cui domus et dulces latebroso in pumice nidi,
Fertur in arva volans, plausumque exterrita pennis
Dat tecto ingentem; mox aere lapsa quieto,
Radit iter liquidum, celeres neque commovet alas;
tale appunto sarà il vostro ingegno. Ora gli bisogna batter fortemente l’ali, e inviarsi al volo con molta fatica: non andrà guari, che senza scuotere ala nè batter penna darà felicissimi voli; e ciò sarà, quando, acquistato l’uso di comporre, per fare quanto vorrete, basterà che vogliate, e sarà fatto.
- ↑ Æneid. lib. 5.