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parte seconda 123

neque dicant, neque abscondant, sed indicent solum1.

Ma l’altra oscurità, più infelice che rea, è difetto di natura, non vizio di volontà. E questa in alcuni è effetto di povertà e scarsezza d’ingegno, in cui la virtù formatrice, quasi in un ventre di seno troppo angusto, non può unire senza confondere, non può dar luogo alle parti senza storpiare il tutto. In altri è cagionata da una troppo fervida mente, ne’ cui focosi pensieri, come ne’ repentini incendj, si leva molte volte più fumo che fiamma.

Questi son quegl’ingegni veramente di fuoco, attivi, e spediti di loro intendere, sì che in un solo gitto di mente co’ velocissimi pensieri lampeggiando a guisa di folgori, a mille cose riflettono, mille nuove cognizioni acquistano. Felici, se potessero metter peso alle lor fiamme, e freno al loro fuoco: ma come le fiere più veloci di corso stampano le vestigie più confuse, essi, affatto intesi alle cose che veggono, nulla veggono della maniera d’esprimere ciò che la mente, tal volta con ispecie astrattissime, quasi in un momento intese. E di più, tanto meno abili all’ordinare, quanto più fecondi nel rinvenire, espongono, o favellando o scrivendo, non un parto, ma molti semi; ed essi stessi dipoi raffreddati e quieti (quando il giudicio più vale a discernere) non sono abili alla riforma di quello, per cui è mancato all’ingegno col caldo ancora il lume.

E queste sono, quanto a me pare, le due viziose oscurità, l’una colpa di genio ambizioso, l’altra difetto o di povero o di torbido ingegno. Una terza ve n’è, che chiamano Oscurità, ed è veramente; ma oscurità dell’ingegno di chi non intende, non dell’Autore che non iscriva o parli sì che da uomini di mezzano intendimento non possa agevolmente comprendersi.

Se si discorre con certe prime e universali massime, onde come da veri loro principj altre dipendenti si traggono, fin che ad una particolare materia si cala (che è la più nobile e sublime d’ogni altra forma di saggio discorso), facendo come i Falconi, che con grandi volte e raggiri prendono la salita, onde d’alto si buttano alla

  1. Heracli. apud Sto. 5.