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parte seconda 115

allungava la vita, come lo studio; e diceva a sè stesso: Dum hæc musinamur, pluribus horis vivimus1. Anzi Seneca, quel nobile ingegno, prendendo dalla vecchiaja stimoli per affaticarsi, onde altri cerca titolo di riposo, su gli ultimi anni della non intera sua vita s’applicò a rinvenire gli occulti segreti della naturale Filosofia; e con ciò, quasi maggior di sè stesso, diceva col suo Poeta,

          Tollimus ingentes animos, et grandia parvo
          Tempore molimur.

Indi, quasi spronandosi il fianco, e stimolando la pigrizia della fredda età, Festinemus, diceva2; et opus, nescio an superabile,magnum certe, sine ætatis excusatione tractemus.

Chi vide mai, dice Plutarco3, le Api per vecchiaja anneghittite, starsi infingarde e oziose co’ fuchi, e non volare a’ fiori, e non raccorre il mele; ciò che giovinette facevano? Toglietemi il potere scrivere, diceva Gellio4, m’avete tolta la vita. Tanto solo dimando di viver per me, quanto posso servire ad altrui. Neque longiora mihi dari spatia vivendi volo, quam dum ero ad hanc facultatem scribendi commentandique idoneus.

Sia dunque il ripartimento della vita di chi fa professione di Lettere, qual’era quello delle antiche Vestali di Roma, che in tre aggiustatissime parti si divideva5. Nella prima, imparavano le cerimonie e i riti, Scolari delle Maggiori: nella seconda, le praticavano, Compagne delle Mezzane: nell’ultima le insegnavano, Maestre delle Minori. Così le foglie servieno a’ fiori; e i fiori cadendo, con un felicissimo fine, si legavano in frutti.

  1. Plin. præf. lib. 1.
  2. Præfat. lib. 3. quæst. nat.
  3. An seni gerenda Respub.
  4. In fine Noctium Attic.
  5. Plut. ibid.