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così allungava la vita come lo studio; e diceva a sé stesso: Dum hæc musinamur, pluribus horis vivimus. Anzi Seneca, quel nobile ingegno, prendendo dalla vecchiaja stimoli per affaticarsi, onde altri cerca titolo di riposo, su gli ultimi anni della non intera sua vita s’ applicò a rinvenire gli occulti segreti della naturale Filosofia; e con ciò, quasi maggior di sé stesso, diceva col suo Poeta,

Tollimus ingentes animos, et grandia parvo

Tempore molimur.

Indi, quasi spronandosi il fianco, e stimolando la pigrizia, della fredda età, Festinemus, diceva; et opus, ne- scio an superabile, magnum certe, sino ætatis excusatione tractemus.

Chi vide mai, dice Plutarco, le Api per vecchiaja anneghittite, starsi infingarde e oziose co’ fuchi, e non volare a’ fiori, e non raccorre il mele; ciò che giovinette facevano? Toglietemi il potere scrivere, diceva Gellio e, m’ avete tolta la vita. Tanto solo dimando di viver per me, quanto posso servire ad altrui. Neque longiora mihi dari spatia vivendi volo, quam dum ero ad hanc facultatem scribendi commetandique idoneus.

Sia dunque il ripartimento della vita di chi fa professione di Lettere, qual’ era quello delle antiche Vestali di Roma, che in tre aggiustatissime parti si divideva. Nella prima, imparavano le cerimonie e i riti, Scolari delle Maggiori: nella seconda, le praticavano Compagne delle Mezzane: nell’ ultima le insegnavano, Maestre delle Minori. Così le foglie servieno a’ fiori; e i fiori cadendo, con un felicissimo fine si legavano in frutti.