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chiamò negotiosissimam prorsus vanitatem, l’Astrologia non so ben s’io dica giudiciaria, o senza giudicio; degna più del dispetto che degli aspetti delle stelle, da cui ella cava le bugie per rivenderle tanto più care, quanto le fa mercatanzia celeste. L’arte sua è fabricare dodici case in cielo per mezzo d’uomini, che molte volte non hanno un tugurio in terra; e con le loro mani, mendiche del pane per vivere, dispensare a chi ricchezze e dignità, a chi disavventure, e precipizj. Non le diceste (come Diogene a colui, che parlava si francamente del cielo1) Quandonam de coelo venisti? Perch’ella professa di saper leggere in quel gran volume le fortune d’ognuno, scritte con caratteri di stelle, e cifre d’aspetti: di saper rintracciare ne’periodi di quelle sfere i corsi della vita d’ognuno: di potere stringere in trini e quadrati e sestili, quasi magiche figure, le stelle e i pianeti, e sforzarli a dire i futuri avvenimenti delle cose sì publiche come private: in fine, d’esser profetessa del vero. E tutto questo, a forza di simili osservazioni, che mai non ebbero simile figura in cielo: a dipendenza da un legittimo punto del nascere, di cui cerca il peso su le bilance d’Ermete: a virtù di Figure celesti, imaginate a capriccio da altrui, osservate da essa per mistero: a forza di cose, che non son nulla di sussistente o reale, quali sono amendue i Nodi e la Parte della Fortuna: in fine, a dispetto del vero non trovato, ma incontrato; non a forza d’arte, ma solo per caso di mille predizioni in una sola, si vale per travestire il falso da credibile, e persuadere il credibile come vero.

Che dunque merita questa professione, che ha per ufficio d’ingannar gli uomini in terra, e infamar le stelle in cielo? Voi datele il Caucaso e l’Avoltojo di Prometeo; se vi par che sia colpa molto maggiore far menzognero il cielo, bugiardi i pianeti, e maligne le stelle, che torre alla ruota del Sole una scintilla di fuoco, un raggio di luce, per avvivar con esso le morte statue d’Epimeteo, e trasfonder loro nel petto anima e senso. Io, per non entrar giudice a danno altrui, la rimetterei al tribunale

  1. Laert. in Diog.