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58 | dell’uomo di lettere |
onde quanto elle sono in acconcio di chi usa la penna, tanto nocevoli riescono a chi maneggia la spada.
Scilicet ingenuas didicisse fideliter artes,
Emollit mores nec sinit esse feros.
Gli animali più ingegnosi, dicono, sono i più timidi: i più forti, i più guerrieri, sono e più selvaggi e più rozzi. La Filosofia, le Leggi, la Poesia, non sono maggior abbellimento ad un soldato, di quello che sia ad un Poeta il tirar di spada, ad un Giurista maneggiare un moschetto, ad un Filosofo correre una lancia. Ercole se n’avvide, e ne lasciò a gli altri, come lui, l’esempio, quando ruppe sul capo a Lino suo maestro la lira, e abbandonò la scuola; non convenendo il plettro a quella mano che dovea usare la mazza, nè il dolce suon della musica a chi dovea avvezzarsi al mugghiar de’ Tori e al rugghiar de’ Lioni, al fischio dell’Idre e alle strida de’ tiranni, per lo cui scempio egli era nato.
E certo, io non intendo di persuadere, che un’uom di guerra debba essere un Platone, un’Archimede, un Omero: ma che gli stia bene all’ingegno il lustro di qualche studio, sì come bene gli sta lo splendore all’armi e la pittura allo scudo, non veggo chi possa con ragione contenderlo.
Un’Aquila, che abbia sì acuto l’occhio al Sole, come forti l’unghie alla caccia; un’Ercole, che sappia e domare i mostri con la mano, e portare il cielo sul capo; un’Apollo, a cui penda dal fianco e la lira e il carcasso; una Pallade, con la penna in una mano e coll’asta nell’altra; in fine, un guerriero con qualche misto di Lettere, che disordine è cotesto? Forse la ruggine sull’ingegno è lustro e bellezza, dove su la spada e su l’armi è disonore? Sono sì nemici l’asta e lo stile, la forza e il senno, il combattere da Guerriero e il discorrer da Savio?
V’è lite fra’ curiosi, qual sia felicità di maggior pregio, facere scribenda, o pure scribere facienda. Che che sia . del parer d’ognuno, di questo no non si dubita, che non - sieno felicissimi quibus contingit utrumque. Che la vostra mano con la spada sappia far’opere degne di memoria immortale, e ch’ella medesima con la penna sappia