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54 | dell’uomo di lettere |
Ha costui per infallibile massima, non potersi essere Dotto, e Prudente; ripugnando le speculazioni delle Scienze alla pratica del governo. Così nella mano de’ Re mette lo scettro, al fianco la spada, e al capo gli orecchi del Re Mida: Aures lente gradientis Aselli; Aures aptas grandioribus fabulis1.
Tale Agrippina formò il suo figliuolo e marito e parricida Nerone2, ritogliendolo a gli studj più gravi, acciochè diventando Filosofo non perdesse l’esser di bestia che avea. Tale formò sè stesso Licinio Imperadore, che condannò le Lettere come ree di lesa maestà in primo capite: e pure non l’aveano mai offeso, perchè mai non gli erano entrate in capo, mai non l’aveano conosciuto; avendo colui cominciato ad essere un’animale, fin da che cominciò ad esser’uomo.
Alzinsi dunque contra di così indegno errore o stoltezza, fra cento altri, un’Augusto, un Germanico, un Tito, un’Adriano, un’Antonino Filosofo, un’Alessandro, un Constantino, un Teodosio, tutti coronati di doppio alloro, e come Savj, e come Imperadori. Mettansi a fronte quinci Augusto, che, per fede di Svetonio e di Dione, ogni giorno, ancor ne’ più importanti affari di guerra, e sotto i padiglioni nella campagna, diede qualche tempo allo studio; acciochè non gli passasse giorno, in cui non avesse fatto un’azione da uomo; e pur governò quaranta anni sì saviamente e sì felicemente il Mondo: quindi l’ignorantissimo Domiziano, il cui impiego di qualche ora d’ogni giorno era saettare le Mosche, e ognuna, che ne uccideva, darsi vanto d’essere stato un’Apollo contra un Pitone. Compaja Alessandro Severo, riverito come Giove terreno; non tanto per li fulmini ch’egli teneva in pugno come Imperadore, quanto per la Pallade che avea in capo come Filosofo: quinci lo sciocco Caligola esca alla publica udienza vestito da Bacco, coronato d’ellera, con una pelle di Tigre per manto, che gli dava più della fiera, che del Dio; e odasi rendere, confacevoli all’abito che portava, risposte da ubbriaco.