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parte prima 35

ac vinculum animi, huc atque illuc jactatur. In hoc supplicia, in hoc latrocinia, in hoc morbi exercentur. Animus quidem ipse sacer et æternus est, et cui non possit injici manus.

Dunque la prigione ad un’animo saggio non si può dir prigione, ma casa; poichè gli è libero l’uscirne quantunque volte gli piace. Totum autem hominem animus circumfert (disse Tertulliano1) et quo velit transfert.

All’animo poco importa dovunque sia il corpo, mentre egli è co’ pensieri fuori del corpo. Così Ermotimo2 la cui anima ne abbandonava a suo piacere il corpo, e se ne andava pellegrina in varj paesi anche di lontanissimi climi a vedere ciò che si facea nel mondo, tanto non sentiva, che non sapeva nè pure s’egli patisse; sì che gli avvenne abbruciarsi il suo corpo vivo in un luogo, e la sua anima non consapevole di ciò godere in un’altro.

Piccol rimedio alle gravi molestie della sempre fastidiosa Santippe era quello di Socrate, salire alle parti più alte della casa, quando ella le basse rendeva impraticabili con le grida. Quanto meglio è, per non vedere le tenebre, per non sentire le angustie, per non annojarsi della solitudine di una prigione, salire coll’animo fino alle stelle, farsi splendido nella loro luce, e, rintracciando i loro periodi e misurando le loro grandezze, farsi compagno delle Intelligenze che sì maestrevolmente le girano? Nihil crus sentit in nervo, cum animus in cœlo est3.

Dolcissima pazzia era quella, riferita da Orazio4, d’un Greco scemo, a cui per molte ore del giorno pareva di trovarsi in un pieno teatro, e di vedere comparire in iscena personaggi, e di udir recitare da bravissimi attori eccellenti tragedie. Non v’era in tutta Argo uomo più contento di costui,

Qui se credebat miros audire tragœdos,
In vacuo lætus sessor plausorque theatro.

Gli amici suoi, mentre vollero essergli pietosi, gli furono,

  1. Ad Martyres, c. 2.
  2. Plin. l. 27. c. 52.
  3. Tert. ibid.
  4. Lib. 2. Ep. ad Florum.