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34 | dell’uomo di lettere |
Filone Alessandrino1 tanto più vale un’uomo cui brama di sapere condusse pellegrino ed esule volontario per molte terre, che non chi, a guisa d’un tronco, dove spuntò col primo germoglio nascendo, ivi gittò le radici, ivi visse, ivi finalmente marcì.
5.
Il Savio prigione.
Le anime de’ Filosofi (diceva un savissimo Antico2) hanno il corpo per casa, quelle de gl’ lgnoranti per carcere. Perchè le, prime, comechè ne’ tempi del sonno e del riposo stieno ritirate nel corpo, pur n’escono libere a lor piacere dovunque i pensieri le portano: e le seconde, fra le strettissime mura de’ loro corpi racchiuse, legate con tante catene, quante sono le membra che portano, senza vedere altra luce che quella che da piccolissimi fori di due pupille lor viene, tanto stanno ivi serrate, quanto non hanno pensieri che da gl’interessi del corpo le sollevino. Quindi è, che se gl’ignoranti cadon prigioni, sono doppiamente prigioni. I Savj no; de’ quali la parte migliore niente più chiuder si può, di quello che possa imprigionarsi il vento in una rete, o serrarsi dentro il cristallo la luce. Il Tulliano di Roma, la Cava di Siracusa, la Lete di Persia, il Ceramone di Cipri, e quant’altre v’erano e vi sono oggi più famose o infami carceri al mondo, non sono si profonde che sepelliscano, si oscure che acciechino’, si anguste che stringano, sì forti di doppie mura che chiudano un’animo veramente filosofo. Mercè che la Sapienza, che Platone diceva essere l’ali dell’anima, lo porta a volo, non che fuori della sua prigione, ma, se vuole, ancor fuori del mondo: Nam cogitatio ejus (disse lo Stoico3) circa omne cœlum, et in omne præteritum futurumque tempus immittitur. Corpusculum hoc custodia