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Alessandro di tanti che ve ne sono; e perciò egli rugghia per dolore, immanium ferarum, modo, quæ plus quam exigit fames mordent. Pure è padrone della Grecia, della Persia, dell’Indie (in unum enim regnum multa regna conjecit: ma tanto povero egli si stima, quanto è quello che gli manca; e tanto gli manca quanto desidera. Quid enim interest, quot eripuerit regna, quot dederit? quantum terrarum tributo premat? Tantum illi deest, quantum cupit. Povero dunque è Alessandro, e nelle ricchezze d’un mezzo Mondo non ha niente, perché un mezzo Mondo niente è a paragone d’infiniti Mondi ch’egli desidera. Ma in tanto Crate, uomo di Lettere, che non ha altro che sè, e un povero palio filosofico con che si cuopre più per non mostrarsi ignudo che per mostrarsi Filosofo, vive in terra come un Giove: più ricco con quel molto che non ha, che non Alessandro con quel tutto che possedeva. Flet Alexander propter infinitos Mundos ab Anaxagora auditos (disse Plutarco); cum Crates, pera et palliolo instructus, vitam, tanquam festivitatem quamdam, per jocum et risum ageret.

Vorrei sapervi aggiustatamente descrivere quel famoso Diogene, che a sè tirò non tanto per visita quanto per ammirazione Alessandro; con che cercato egli dal padrone del mondo, e non curante di lui, supra eum eminere visus est, infra quem omnia jacebant. Ne prenderò da Claudiano una simbolica imagine; ma che più vivamente lo figurerà, che se Apelle stesso lo dipingesse.

Lapis est, cognomine Magnes:

Discolor, obscurus, vilis. Non ille repexam

Cæsariem regum, non candida virginis ornat

Colla, nec insigni splendet per cingula morsu.

Sed nova si nigri videas miracula saxi,

Tunc superat pulchros cultus, et quidquid Eois

Indus fittoribus rubra scrutatur arena