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22 | dell’uomo di lettere |
il povero. Namque is plurimum habet, qui minimum desiderat: habet enim quantum vult, qui vult minimum; et idcirco divitiæ non melius in fundo et in fœnore, quam in ipso hominis æstimantur animo. Nel mare di questa vita, alle tempeste e alle onde, che ci contendono il porto, non contrasta chi è carico, ma chi nuota ignudo. Disprezzevole mi ti rendono questa povera tonaca che mi veste, questo rozzo bastone a cui m’appoggio? Dimmi, che avea di più Ercole figliuol di Giove, vincitor del mondo, e Semideo? Ipse Hercules illustrator orbis, purgator ferarum, gentium domitor, is, inquam, Deus, cum terras peragraret, paulo prius quam in coelum ob virtutes adscitus est, neque una pelle vestitior fuit, neque uno baculo comitatior1. Anzi pure i primi Dei stessi, che hanno eglino nel loro regno, con che sieno ricchi? Larghe vene di metalli, onde traggano argento ed oro? oceani, ove peschino perle? conchiglie, onde spremano porpore? regni, vassalli, e popoli ligj, da cui cavin tributo? O pure, senza avere altro che sè stessi, ma di sè soli beati, e sembran poveri perchè non han nulla, e sono ricchissimi perchè non han bisogno di nulla? Igitur ex nobis, cui quam minimis opus sit, is erit Deo similior2.
Vada dunque per tutti i mercati e tutti i porti del mondo Socrate povero, ma Socrate letterato, e a parte a parte mirando l’immensa copia di que’ beni, di che e le ricchezze e gli onori fan pompa, beato di ciò che sa, non curante di ciò che non ha, dica, e ’l ripetan con lui tutti gli altri suoi pari: Quam multis ipse non egeo3.
Piange a caldi occhi Alessandro in udire il Filosofo Anassagora negare, che la Natura o come avara non volesse, o come sterile non potesse produrre altro che un Mondo, non avendo ella nè misura al potere, nè termine al volere, sì che ne gli spazi dell’immenso non abbia prodotti i numeri dell’infinito, e adeguato tutto l’essere a tutto il possibile, e risposto all’Idee d’innumerabili Mondi col lavorio di ciascuno. Un solo non ne possiede