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20 | dell’uomo di lettere |
che sono; a me non sarà punto difficile, conducendovi per alcuna delle più temute miserie, farvi vedere un tal’uomo si superiore ad esse, come le più alte stelle sono tanto da gli eclissi quanto dall’ombra della Terra lontane.
LA SAPIENZA FELICE
ANCORA NELLE MISERIE
3.
Il Savio povero.
Povertà è un solo nome, ma non è un sol male; e chi ben s’intende di cifre, in questa sola parola sa leggere una intera Iliade di miserie. Il Poeta con titolo di turpis Egestas, la collocò insieme con gli altri mostri alle porte dell’Inferno: nè fu ingiuria il farlo; conciosiecosachè ella sola basti per un’intero inferno di miserie a quelle case, delle cui porte ella prende possesso. La Fame dentro le mangia vive le viscere, la Nudità di fuori le scuopre ignominiosamente le carni. La Confusione non lascia che comparisca in publico, il Bisogno non permette che stia ritirata in segreto. Se tace per vergogna, sofferisce mille necessità; se chiede mendica, come vile non e creduta. I mali proprj tanto ella più patisce, quanto altri meno le compatisce. Ma di quanti ella ne ha, il peggiore, massimamente in uomo di genio o d’origine nobile, è l’essere disprezzevole e soggetto di risa.
Nil habet infelix paupertas durius in se,
Quam quod ridiculos homines facit.
Questa è l’ombra più nera, che le vada dietro; questa è la più pesante catena, ch’ella si strascini al piede. E quanti, anzi che comparire come alberi senza frondi deformemente ignudi, s’hanno eletto la scure, giudicando meno insofferibile la morte che l’agonia?
Or questa tormentosa e deforme carnerice (sì che se quattro dovessero essere le Furie, ella sarebbe la quarta),