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18 | dell’uomo di lettere |
Quel che tutto era suo divide e sparte.
Tutti gli uommini siamo una Famiglia,
Tutta dal sommo al fondo
Sol’una Casa, e nostra casa è il Mondo.
Venite a vedere di quasù la vostra terra, cercate i vostri Regni, e misurate quanto sia quello, onde prendete titolo di Grandi. Vedrete le menome vostre particelle d’un punto, se il punto intero a gran pena si vede? E questo è quel che vi fa andare sì alteri? Venga tra le stelle, non a vederle solo, ma a possederle, chi vuole il regno pari al desiderio di regnare. Nè avrà con chi litigare de’ termini, posseduto ch’egli sia da molti, a niuno si toglie. Così juvat inter sidera vagantem divitum pavimenta ridere, et totam cum auro suo terram1.
Qual maggior godimento, che guadagnare spiriti sì generosi, e cognizioni sì nobili? Alessandro, avvezzo alle grandi vittorie d’Asia, quando riceveva dalla Gracia avviso diqualche fatto d’armi o quache conquista (ch’era al più d’un castello o d’una piccola città), solea dire, che gli parea qua sì grandi, se si guardano fin dalle stelle! E quanto si gode sentendosi ingrandire i pensieri, e crescer l’animo fino a farsi disprezzatore di quello, che gli altri come schiavi adorano!
Ciò che il buon Seneca insegnò doversi fare, avea fatto molto prima il grande Anassagora, che vago solo di vedere il Cielo, per cui vedere egli dicea d’esser nato, lasciata la patria quasi un sepolcro d’uomini vivi, perchè la terra non gli togliesse la vista del Cielo, vivea alla campagna povero e allo scoperto? Che dissi povero e allo scoperto? Più godea di vedersi sopra il capo il bel cortinaggio de’ sereni azzurri del Cielo, di trovarsi coronato d’un mondo di stelle che gli giravan d’intorno, e che il Sole gl’indorasse con la sua luce la povera vesta, e che
- ↑ Praefat. lib. 1 00 nat. quaest.