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— Hai fatto bene; — disse Clodia, accompagnando le parole con una mossa orgogliosa del capo. — Io non soglio stare agli avanzi di nessuno. Apri l’involto, Aderbale, e vediamo; questi sapientissimi uomini giudicheranno. —

— Lo schiavo aveva già deposto la balla sul pavimento, e Aderbale il mercante, dato di piglio ad un coltello, recise d’un colpo la fune che teneva stretto l’involto; indi sciolse la triplice fascia di tela che custodiva i preziosi tessuti della sua patria.

Erano stoffe di lana, mie lettrici amorevoli. A quel tempo non era anche conosciuta in Italia la seta, e pochissimo il cotone che andava famoso in Oriente sotto il nome di bisso. Ma non compiangete troppo le Romane d’allora, perchè quella lana era finissima e filata così sottilmente, da meritare a certe stoffe il nome di aria tessuta. Quanto ai colori, c’erano rappresentate tutte le gradazioni dell’iride, e non avrebbero avuto da invidiar nulla a quei delicati impasti, a quelle vaghissime temperanze, che oggi dànno fama così grande allo fabbriche di Lione.

— Vedi, nobilissima Clodia, — diceva il mercante, sciorinando le pezze sul monopodio della matrona e facendo ricadere i lembi in ricche pieghe sul musaico levigato del pavimento, — son colori di porpora, non d’erbe.

— Le tinture si distinguevano allora in porporine ed erbacee, le prime cavate dal succo delle conchiglie, e le altre da quello di certi vegetali. Si crede comunemente,