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CAPITOLO VIII.

L’attesa.

Se l’aveste veduta, come era bella, con quella sua stola di color d’ametista, fregiata d’oro sui lembi, che dava risalto alla marmorea bianchezza delle carni; opulenta di forme, ma snella in apparenza per la mirabile giustezza delle proporzioni; con que’.suoi occhi profondi e languidi; con quelle chiome abbondanti, che luccicavano tra i due giri della vitta porporina, e col mazzocchio cadente in riccioluti corimbi sulla nuca; so l’aveste veduta, io metto pegno che avrebbe fatto dar volta ai vostri cervelli, come a quello di Valerio Catullo c di tanti altri suoi degni contemporanei. Non era per quel giorno una bellezza procace, e molto negava delle sue lusinghe allo sguardo. Vi ho già detto che portava le braccia coperte da lunghe maniche, strette ai polsi con annillc d’oro. In quei braccialetti, foggiati a serpenti, erano incastonati rubini e