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vi prefazio


e leggete quel che vi càpita sott’occhio; anche qui servitori umilissimi del caso, che tende, intreccia, e qualche volta imbroglia le fila.

Così sono, così vengono, portati dal caso i ricordi, questi compagni di viaggio della vita vissuta. Siete partiti di qua, piuttosto che di là, senza averne merito, o colpa: vostro padre era in sua gioventù nel tal luogo, dove incontrò la donna che doveva esservi madre: siete nati di qua per una ragione, siete andati di là per un’altra: la rete adriatica o mediterranea della vita vi ha presi, vi ha sballottati nel suo treno misto, introdotti nelle gallerie, librati sui viadotti, rallentati sui passaggi a livello, trattenuti agli scambi, addormentati sui binarii morti. Per temperamento o per affari, per divertimento o per seccatura, per amore o per forza, avete corsa la vostra parte di mondo anche voi, tristi o lieti, accesi di desiderio, illuminati di speranza, soffocati di rabbia, abbeverati di fiele. E spesso, di tante cose belle o non belle, vi torna in mente il ricordo. Son dolorosi, i ricordi? Sì, qualche volta, ma di un dolore sordo, lontano, attutito, trasformato, quasi piacevole, se riesce a spremervi dagli occhi una lagrima artistica. Acqua passata non màcina; le immagini dei tempi trascorsi son grate, come attraverso le pagine di un libro hanno buon odore anche i morti. Pensate ai giorni vissuti, che non avete più da faticare per viverli; richiamate le vecchie pene, che non vi fan più soffrire, le gioie antiche, sempre nuove all’aspetto, che vi recano perfino la sensazione di svanite fragranze. Sono i sorrisi della