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202 | sorrisi di gioventù |
che Dante, l’autentico, ha descritto così bene nel quarto canto dell’«Inferno». Laggiù, se mi sarà dato d’entrar di straforo, tra il chiaro e il fosco, andrò bene a tirare il mio grand’uomo pel lembo della toga. È già pregusto l’allegrezza d’una conversazione come questa:
— Scusi, signor Marco Tullio degnissimo.... Se permette, io sarei quel tale.... Si rammenta?
— Ah, sì, caro, mi rammento benissimo.... E come qua? Da quando? Siete sempre stato bene, m’immagino. Se voleste dirmi per intanto il vostro riverito nome.... Perchè, in verità, da poi che v’ho dato a balia.... capirete!
— Oh, si figuri, e come! —