Pagina:Barrili - Sorrisi di Gioventù, Treves, 1912.djvu/210

200 sorrisi di gioventù


— Barrili ha ragione. —

Confesso che lì per lì, quando sentii rilevare la frase, n’ebbi una scossa; e una scossa niente piacevole, quantunque ci fosse da sentirsi lusingati dalla approvazione d’un tant’uomo. Me l’aspettavo così poco, se mai! D’altra parte, Marco Tullio avrebbe fatto meglio a darmi ragione in latino. Inoltre, quell’esser conosciuto io, proprio io, da un uomo di tanta levatura, e di tanta antichità, per giunta, non finiva di persuadermi. Va bene, pensavo, che gli spiriti acquistano, dopo la morte dei corpi, la conoscenza di moltissime cose; e magari, la conoscenza di tutte; ma che si pieghino.... ma che si degnino.... E qui, tra tanti dubbi, non finivo neanche il periodo.

Il Torricelli, frattanto, mostrandomi tutti i suoi denti bianchissimi nel doppio arco delle labbra vermiglie, mi faceva un graziosissimo inchino.

— Puoi esser contento; — diss’egli. — Cicerone ti conosce.

— Taci, assassino! — brontolai, pizzicandolo forte in un braccio.

Per quella sera sopportai con dignità la mia gloria, come si sopporta con perdonabile ostentazione una grande sventura. Ma d’allora in poi non ho più pensato a Marco Tullio senza un certo sentimento misto di tenerezza, di reverenza e di vergogna. Sì, anche di vergogna. Infatti, quel grand’uomo conosceva me, quasi ragazzo, uscito appena di collegio, ed io co-