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atto secondo 61

per disimparare la propria. E non è solo la lingua che si perde; è il costume che si corrompe; è la fibra romana che s’infiacchisce. O padre Quirino! Ancora non sono i cent’anni da che Pirro minacciava di abbattere la giovine potenza romana; son forse venti, che, dopo la strage di Canne, Maertale consigliava d’incalzare alle porte di Roma; Cartagine è in piedi; Annibale è vivo ancora e fremente vendetta; e già i romani credono di potere impunemente gittar fra le ciarpe gli austeri costumi che furono la loro difesa, e diedero loro la padronanza d’Italia!

Plauto

Marco, non sei tu troppo severo con essi?

Catone

Non sono severo. Amo ciò che facevano i nostri padri; vorrei che i figli fossero di quella tempra su cui si fiaccarono i ferri di tante nazioni congiurate ai danni di Roma. Si traligna, te lo dico io, si traligna. Ami le citazioni greche? Eccotene una. Noi siamo infemminiti; non sapremmo più tendere l’arco di Ulisse; i nervi intorpidiscono nel braccio. Ah, i nostri padri non conoscevano mica tante delicature, e non erano meno felici per questo! Una casa comoda, senza sfoggio di marmi, di arredi e di vasellame d’argento; il rame luccicava alla parete e la sobrietà negli occhi; servi erano quanti bastavano a lavorare la terra, non già per accudire agli svariati uffizi di portinaio, cameriere, valletto, arricciator di