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atto secondo | 57 |
Catone
(entrando, sempre rivolto indietro)
Non ammetto scuse. Fammene un’altra di queste e dal servizio della tua padrona ti mando difilato a girare la màcina.
Plauto
È dura cosa, la màcina; io la conosco.
Catone
Ah, non badare, Tito Maccio! Del resto tu avevi il debito. Chi non paga di borsa paghi di persona.
Erennio
(in disparte)
Così sta scritto.
Catone
Ma vedi questi bricconi! Se la va di questo passo in Roma, tra un anno, o due, bisognerà darsi alla macchia.
Plauto
Con chi l’hai tu?
Catone
Col mio servo, per Bacco, o, a dire più veramente, col servo di mia moglie. Una perla, quando io l’ho comperato! Ed ecco, me l’hanno guastato anche lui! Ah greci! Chi ci libera dai greci! Noi li abbiamo vinti; essi ci ammorbano. L’è una vera peste ellenica. Ieri parto, lasciando la casa sana. Torno, e già c’è penetrato l’inimico. Figurati Valerio.... Ohè, Valerio!