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114 la legge oppia


Erennio

Undicesima Tavola; i suffragi del popolo decidono; ciò che il popolo ha statuito....

Catone

(stizzito)

Eh, va in tua malora, tu e tutte le dodici....

Erennio

(scandolezzato)

Oh!

Catone

Me la facevi dir grossa! Usciere di tribunale! Repertorio ambulante di leggi!... Una dovevi trovarmene, una sola, da metter fine a questo sconcio baccanale.

(le donne offese si ritraggono in disparte)

Plauto

(mettendosi in mezzo)

Càlmati, via! È dinanzi a te il fiore delle matrone romane.

Catone

Ah, sì, gli è vero! Fiore velenoso, ma fiore! Ma già ve lo annunzio, o nobili matrone, che ridete della sconfitta del Console; uscito appena di magistrato, domanderò la censura. Ho fede di ottenerla, perchè dirò ai miei concittadini: «la repubblica è inferma; volete voi un medico che la risani, curando le sue membra col ferro e col fuoco? Eleggetemi censore». E mi vedrete all’opera. Vi prometto una legge, più rigida della legge Oppia a gran pezza.