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credevo che ci pensaste più, ad un certo discorso; credevo che aveste esplorato voi; pensavo che il vostro silenzio, dopo il termine che mi avevate assegnato, fosse conseguenza delle vostre esplorazioni, e che la mia sentenza fosse stata pronunziata.
— Che sentenza! che sentenza! — borbottò il signor Demetrio, facendo un’altra delle sue spallucciate.
— Ma sì; voi tacevate....
— Aspettando, ragazzo mio. Aspettavo sempre. Certo, dovevo capire che tu eri sempre lo stesso bietolone di prima. Scusami, sai, ma tu faresti perder la pazienza ad un santo. Ed ora — soggiunse il signor Demetrio, piantandosi davanti al suo segretario e guardandolo nel bianco degli occhi, — ed ora, che pesci si pigliano? Bisognerà bene che io dia una risposta al signor Momino.
— Siete il padre della signorina Fulvia....
— Sì, e diciamo pure della signorina Bertòla.
— Dovete dunque parlare a lei, sentire se questo partito le piace; dato che piaccia prima a voi, si capisce.
— A me.... — brontolò il signor Demetrio. — Vuoi che ti dica che cosa piace a me? Farla finita e andarmene a letto. —
Virginio fece un gesto di assenso, stringendosi nelle spalle e aprendo la bocca per non dir nulla.
Al signor Demetrio parve certamente di essere stato un po’ duro nella sua chiusa.
— Caro mio, — ripigliò, — non si può star sempre così sulla corda. È una tegola, capirai, è una tegola che mi casca addosso. Seriamente, non sono impegnato con te? E sia, ti ringrazio; ma senza intenzione di abusare della tua condiscendenza. Parlerò, parlerò, come si conviene in un caso simile, che credo non sia mai capitato il peggiore ad un babbo. Non mi dir altro; so il mio dovere, ed ho poi tutta la prudenza necessaria. Del resto, ho la notte davanti a me per pensarci bene; la notte porta consiglio. Buona notte anche a te. —