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salottino del Bottegone; per dare un’occhiata ai libri, diceva lui, e per fare un po’ d’abbaco.

Quella era una novità inaudita: a quell’ora, poi, Virginio si sarebbe aspettato tutt’altro, magari che cascasse il mondo. Nondimeno, si adattò allo strano capriccio del suo principale; scese con lui, anzi prima di lui al pianterreno, e fu pronto ad accender la lampada.

— Ripassiamo i conti; — diss’egli. — Da dove volete cominciare?

— Lascia correre; — rispose il signor Demetrio, facendo una spallucciata; — ho detto così per dire. Volevo restare da solo a solo con te, in un luogo che nessuno ci potesse sentire, per parlarti d’una cosa che mi sta molto a cuore. Sai pure che non faccio niente senza di te. —

Il preludio era solenne. Virginio fece un gesto d’obbedienza, e stette muto, aspettando che quell'altro volesse entrare in materia.

— Vuoi sapere una gran novità? — incominciò il signor Demetrio. — Ma grande, sai, grandissima, portentosa. Te la dò da indovinare alle dieci; ma tu, bada, ci devi mettere tutta la tua inventiva.

— Voi sapete bene che non è il mio forte; — rispose umilmente Virginio, che incominciava a sudar freddo.

— S’ha da credere? — ribattè il signor Demetrio, mettendosi sul tono scherzoso che doveva dissimulare la commozione delle sue viscere paterne. — Ebbene, non ti chiederò d’indovinare, ti dirò io tutto in quattro parole. Sappi.... sappi che mi si domanda la mano di Fulvia. —

Era quello che Virginio temeva da un pezzo. Di giorno in giorno, come il condannato a morte, s’aspettava la fatale notizia. Perciò non battè palpebra, non fece un gesto che tradisse lo stato dell’animo suo.

— Ebbene? — diss’egli, dopo un istante di pausa.

— Ebbene, — ripigliò il signor Demetrio, — non ti fa senso?

— No, non può farmelo, non deve, farmelo. Era