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me a Parigi. Confesso, per altro, di avere avuto una grossa paura. Non sapevo che avessimo ancora dei guanti presentabili; ed ecco, contro ogni mia aspettazione, li avevamo freschi, nuovi.... di fabbrica, e secondo l'ultimo sistema.

— Avete firmata voi l'ordinazione, signor Demetrio, e non più tardi di due mesi fa: — osservò modestamente Virginio.

— Ma tu l’avevi pensata: rendiamo giustizia a chi tocca: — rispose il signor Demetrio, battendogli amorevolmente la spalla con la mano gloriosa che aveva ricevuta poc’anzi la stretta dal nobile avventore. — Mi hai fatto fare una figuna stupenda, ragazzo mio; sono contento di te. —

Ahi, non era contento egualmente Virginio Lorini. E i giorni che seguirono ebbe modo di contentarsi anche meno. Il nobile avventore passava tutti i giorni, intorno a quell’ora, pel corso Garibaldi, o solo, o in compagnia d’altri signori. Virginio pensò che qualche volta fosse per entrare da capo, col pretesto di nuove compre; lo temette a dirittura il terzo giorno, poichè, mentre egli appariva dalla parte della piazza, la signorina Fulvia era discesa per l'appunto nel salottino. Lo aspettava, il molesto avventore, già lo sentiva venire: ma fu un falso allarme; il molesto avventore passò, con aria disinvolta, quasi non curante, guardando a mala pena, e probabilmente per caso, dalla parte del Bottegone.

Virginio incominciava già a respirare, quando il caso volle che egli facesse una dolorosa scoperta. Il figlio del sindaco, aiutando la bella stagione, seguitava le sue mirabili imprese col pallone di guttaperca: tutti i giorni, dalle tre dopo mezzogiorno fino alle cinque o alle sei, si giuocava disperatamente, sulla gran piazza Vittorio Emanuele, con un certo concorso di spettatori, più grande naturalmente nei giorni di festa, più piccolo, ma ancora notevole, nei giorni di lavoro. Virginio da un pezzo non si curava più di ciò che avveniva sulla piazza: l’età per lui era passata, di badare a giuochi e divertimenti di