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tòla; il quale, dopo tutto, non era neanche consigliere comunale. A farlo a posta, quel benedetto ragazzo, con trecento e più mila lire che poteva ereditare dal babbo, non aveva mai voluto studiare. Avviato al ginnasio, e perciò mantenuto parecchi anni a Parma, non era riuscito a passare dalla terza alla quarta; sicchè dopo tre prove infelici il signor sindaco si era dovuto rassegnare a ripigliarsi il figliuolo, così ignorante come lo aveva mandato, lasciando che facesse a Mercurano la bell’arte di Michelaccio, andando a caccia ogni mattina, e passando ogni giorno parecchie ore sulla piazza Vittorio Emanuele a giuocare al pallone di guttaperca; occupazione gradevolissima per lui, nella quale era passato maestro; tanto è vero che ogni uomo nasce con le sue disposizioni naturali, e tutto sta nel saperle trovare, per coltivarle e promuoverle. Per altro, l'essere un gran giuocatore di pallone non era una raccomandazione sufficiente per aspirare alla mano della signorina Bertola. E di questo era persuaso anche il nostro giovinotto; lo sapeva anzi così bene, che non gli avveniva mai di voltarsi ad occhi alzati dalla parte del Bottegone, quando stava alla battuta per fare le sue maravigliose volate, nè di guardar mai ad una certa finestra, fra la statua di Dante e quella di Michelangelo, quando tornava dinoccolato e noncurante in atto, alla guisa di tutti i trionfatori, dall’estremo confine della rimessa.

Non c’era dunque nessun partito da regalare alla signorina Bertòla; e i buoni ma curiosi, impazienti ed infelici abitanti di Mercurano, stavano almanaccando inutilmente, aspettando ancor essi la manna dal cielo. Alla possibilità che la sposasse il segretario del Bottegone non ci pensava nessuno, nè uomo nè donna: il che potrà parere straordinario, sapendosi che le donne, in queste faccende, sogliono vedere più oltre, tanto da intendere che una bella presenza può valere in certi casi ricchezza e condizione sociale. Ora per le donne di Mercurano, più usate degli uomini a bazzicare nel Bottegone, il signor Virgi-