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era egli possibile che il signor Demetrio non si ricordasse più della sua concessione, lui che si era mostrato così saldo nel proposito, così ostinato ed incalzante nel volere una risposta dal suo giovane amico? E non era in quella vece da credere che in quei tre mesi avesse esplorato lui il pensiero della figliuola? Ciò posto, non era anche da immaginare che, avendola trovata repugnante, avesse deposta l’idea di quelle nozze vagheggiate?
Niente appariva di ciò, niente trapelava dal contegno di Fulvia. I discorsi della fanciulla non erano diventati più freddi, nè più impacciati i suoi modi in presenza di Virginio Lorini. Ma era questa una prova sufficiente che ella non sapesse nulla di nulla?
V.
Assai prima che si facessero tutti quei discorsi tra il signor Demetrio Bertòla e quello stintignoso del suo segretario, la signorina Fulvia aveva incominciato ad offrire argomento di chiacchiere molte, di induzioni e di congetture, di disegni e d’almanacchi alle famiglie del paese. Già il suo arrivo aveva destata la curiosità di Mercurano, maschile e femminile; tutti si erano procurato il piacere di vederla, di studiarla, di spicciolarne le bellezze, le virtù, le doti naturali dell'ingegno, le cognizioni acquistate. Gli uomini la decantavano come l'ottava maraviglia; le donne non andavano fin là con le ammirazioni, ma concedevano pur molto, e sottosopra confermavano il giudizio degli uomini. Come bellezza non era una dea, da mandare in visibilio; ma certo era tanto carina. Virtuosa e buona doveva essere, come figliuola di ottima gente, e senza dubbio avrebbe fatto onore alla memoria della signora Giuditta. Quanto all’ingegno, chi poteva starne mallevadore, a Mercurano? Piuttosto, a giudicar-