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Il signor Demetrio non lo aveva preveduto, quel caso. Ma già, il signor Demetrio non era uomo da prevederlo; egli che aveva nelle cose sue potuto tenere altra via, andando all'arma bianca, come diceva. Se la signorina Giuditta ventidue o ventitrè anni addietro, all'uscire dalla chiesa di San Zenone, fosse passata diritta, dura, impettita davanti al signor Demetrio, scambio di ridere e di farsi rossa in volto come una ciliegia, che cosa sarebbe avvenuto? che lei sarebbe andata a casa Vercellone da un lato, e lui, il signor Demetrio, a casa Bertòla da un altro, e tutti pari! Ma lì, tra Fulvia e Virginio, il caso era molto diverso, e la soluzione non poteva essere la stessa, poichè la casa era una per tutt’e due. Ci poteva star lui, in casa Bertòla, dopo una dichiarazione male accolta?

Orribile idea! lui, poveraccio, lui cresciuto in quella casa, fino a diventarne la colonna centrale e la chiave maestra, lui costretto ad uscirne per sempre, ad andar chi sa dove, lontano da lei, senza speranza di vederla mai più! E non era meglio tacere, pigliar tempo, aspettare? Aspettare! che cosa? la manna che gli cascasse dal cielo, come agli Ebrei nel deserto? Non ne sapeva niente; ma un miracolo, forse un miracolo poteva anche accadere per lui. Tacendo, frattanto, non era costretto a temere, a tremare. Fulvia era tanto giovane ancora! I suoi libri, la sua musica, i suoi colori, erano tutto il suo mondo. Che idea di farla pensare al matrimonio! No, no, il signor Demetrio correva le poste; c’era tempo a studiare, a risolvere.

Così avvenne che il termine fissato dal signor Demetrio si avvicinasse, e sempre più rapidamente, senza che Virginio avesse presa una risoluzione. Venne la scadenza e passò, senza che il creditore mostrasse pure di ricordarsi della cambiale accettata dal suo segretario.

Era quello il miracolo che Virginio aspettava dal cielo? Ahimè! se egli da principio lo ebbe per tale, non gli parve poi di doversene rallegrare, dieci o quindici giorni più tardi. Infatti,