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derare un po’ meglio l’offerta che mi fa? Quante cose non si dicono in un momento di effusione del cuore, che poi dispiace di averle dette? E questa poi è così grave! A buon conto egli mi offre un tesoro; ma lei, che cosa ne pensa? Non è da saper prima se lei vorrà confermare l’offerta di suo padre? Pensiamoci. Anch’io ho bisogna di avvezzarmi all’idea di una felicità così grande.... così grande, che ho paura di esserne soffocato. In verità non ho mai sentita come oggi la verità del detto comune, che la gioia può uccidere. —

Un uomo da soliloqui non è, generalmente parlando, un uomo da pronte risoluzioni. Virginio passò molti giorni in quelle sue meditazioni, facendo poco cammino, anzi non facendone punto; non osando di esplorar l’animo della signorina Fulvia, quasi temendo di ragionare con lei, e nelle sue brevi conversazioni tenendosi sui generali assai più che non avesse mai fatto prima.

Dopo un paio di settimane, il signor Demetrio gli chiese:

— Ebbene, ragazzo mio, come vanno le faccende?

— Male, signor Demetrio; — rispose Virginio. — Diciamo che non vanno affatto.

— Hai parlato?

— No davvero; mi credete voi capace di ciò?

— È vero, tu non sei capace di niente. Ah i miei tempi! i miei tempi, quando si andava all’arma bianca! Almeno avrai pensato?

— E penso ancora; — disse Virginio, umiliato. — Ma non so avvezzarmi all’idea di tanta fortuna. Del resto, ve l’ho già detto... è così giovane, quella cara fanciulla! non bisogna neanche correre, in queste faccende, come voi le chiamate.

— La va secondo i gusti, ragazzo mio; — conchiuse filosoficamente il signor Demetrio. — Tu sei uno stintignoso, te l'ho già detto, e saresti capace, come quel certo santo di cui non ricordo più il nome, di far tre passi sopra un mattone. Pensa, medita ancora, se così ti pare di avvantaggiarti: io ti accordo tre mesi. —