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a compitare? Basta; andiamo avanti. Ecco la nostra signorina a Lodi. Ne ha imparate, delle cose laggiù, ed anche ci ha preso un’albagìa.... Scusi, volevo dire un’aria di umiltà, di bontà, che so io, tanto tanto carina. Oh, ecco il ritorno a Mercurano; suonate, campane! Ma che vuol dire? È l’ultimo. C’è una lacuna qui... —
Virginio non rispose parola. Fulvia rimase un istante sovra pensiero, e i suoi occhi corsero involontariamente a scrutare negli occhi di lui. Fu un lampo, per altro, ed ella si volse da capo a guardar la parete.
— Ma ci sono i miei figli; — ripigliò allora; — ed io Le perdono, signor Lorini, di aver soppressa la mamma.
— Signora....
— Se soppressa Le spiace, diciamo dimenticata.... tralasciata.... Nessuno di questi participii Le serve, signor maestro stimatissimo? Ne trovi uno Lei, con suo comodo, e mi dica intanto, dove sono le chiavi dei famosi cassetti?
— Che chiavi?
— Ma sì; non mi aveva detto ier l’altro che le avrebbe messe tutte a mia disposizione?
— È vero; eccole lì, sulla scrivania. Son le tre più piccine; aprono cassetti e vetrine.
— Lascio le vetrine, e mi volgo ai cassetti; — disse Fulvia ridendo. — Sul serio, non Le dispiace che io visiti, che io frughi, che io rovisti da per tutto?
— Ma no, no; — rispose Virginio, facendo a mala fortuna buon viso. — Non c’è niente, del resto; niente, che franchi la spesa.... Cioè, sì, c’è molto, ma che a Lei non parrà tanto importante. Ci troverà ancora la signora Fulvia studiosa; — soggiunse, mentre la signora, aperto un cassetto, ne traeva già fuori parecchi quinterni e qualche mazzo di copie, tutte ripiegate in due e diligentemente legate d’un nastro roseo. — Sono i còmpiti del quinto anno, questi... i suoi esercizi di composizione italiana, di aritmetica, di francese....
— E tutto in ordine, come io non ho mai sa-