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va messi fuori, per loro uso, i medesimi libri che erano serviti alla madre loro? Bene i sapientissimi editori scolastici, pieni sempre di amorosa sollecitudine per le nuove generazioni, avevano rinnovati i metodi e rinnovati gli autori, con gran gioia ed altrettanta gratitudine dei padri di famiglia. Virginio si ostinava a non voler riconoscere questi innegabili progressi della didattica italiana, e credeva fermamente che a Lamberto e a Guido Spilamberti potessero servire i libri di lettura nei quali aveva imparato a leggere, sui quali si era educata a pensare, la piccola Fulvia Bertòla.

Sì, perbacco, metodi antichi, e niente di mutato nel suo insegnamento, come niente era mutato nel mondo ideale per cui egli viveva tanto volentieri; specie là dentro, vegliando il più delle volte fino al tocco dopo la mezzanotte. Il tocco è l'eternità, nelle veglie dei borghi, dove le serate son lunghe, interminabili, senza teatri, senza feste, senza divertimenti più o meno intellettuali. Ma quando il pensiero sa vivere di sè medesimo, non c’è più spazio vuoto nel tempo, nè pericolo di noia nell'anima.

Or dunque, secondo l'uso, una di quelle sere, tra leggere, meditare e sognare ad occhi aperti, Virgimo Lorini aveva fatto ora assai tarda, quando lo scosse il rumore d’un uscio che si apriva, e gli venne udito dalla sala attigua un passo leggero leggero. Quel passo egli lo conosceva bene; era quello di Fulvia. La signora, di solito, vegliava i suoi bambini fino a tanto non si fossero addormentati; e anch’essa, poi, leggeva molto nella notte. Ma perchè in volta per la casa, a quell’ora? Forse per prendere qualche libro, od altro oggetto dimenticato sulla tavola della gran sala? Virginio pensò che a buon conto egli aveva lasciato socchiuso l’uscio, e che non era più in tempo di andarlo a richiudere. Se almeno avesse potuto spegnere il lume! Ma neanche questo poteva più fare; ella aveva veduta la striscia di luce, e gli rivolgeva di fuori il discorso.

— Bravo, signor Virginio! ancora alzato?